Per un futuro diverso

Abbiamo letto con estremo interesse l’appello “Ricostruire il mondo dopo la pandermia” lanciato il 6 aprile  da molte diecine di movimenti di base contro l’estrattivismo, associazioni di economia alternativa, ed esperienze da tempo in corso che ricercano nuovi modelli di società e di economia.

Abbiamo aderito ed esprimiamo il desiderio che l’intero mondo che opera per superare l’economia dominante aderisca a questa iniziativa e ne condivida il progetto. Siamo infatti preoccupati per il rischio che tutti corriamo di vedere, nei primi mesi dopo il picco dell’emergenza sanitaria, moltiplicarsi i tentativi di rilanciare subito le strutture produttive e i mercati precedenti, senza alcuna attenzione ai danni arrecati prima della pandemia all’ecosistema e a parti essenziale delle economie pubbliche, e anzi cercando di recuperare a tutti i costi i tempi e i profitti perduti.

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Non possiamo assistere inerti al ripristino acritico dei mercati, della dannosità ambientale, della emarginazione violenta di sacche di povertà estrema e di migrazioni interne ed esterne esposte a violenze di ogni natura.  Dobbiamo invece cogliere e far maturare tutte le opportunità che sono chiaramente emerse durante la diffusione dei contagi e la successione delle morti anche negli addetti ai soccorsi.

Molte delle insufficienze, dei ritardi, degli errori emersi durante l’evolversi della pandemia hanno spesso evidenziato delle debolezze strutturali e dei vuoti concettuali tante volte denunciati dalle analisi espresse dal mondo dell’alternativa, e per le quali abbiamo da tempo elaborato e realizzato progetti e interventi profondamente diversi.

Gli errori delle politiche sanitarie, la crescita incontrollata  delle emarginazioni di interi strati sociali, i danni arrecati agli equilibri dell’intero pianeta, i ritardi ancora in fase di accumulazione degli interventi ormai urgenti contro le emissioni e il riscaldamento globale devono oggi essere analizzati nella prospettiva completamente diversa aperta dai virus patogeni, che in futuro possono ripresentarsi con una frequenza crescente.

Quali sono gli obiettivi che possiamo delineare per la transizione anche in questa fase di epidemia ancora in espansione sia in Italia, ma ancor di più in molti altri paesi:

Foto Riccardo Troisi

Come farsi trovare pronti dalle prossime epidemie

  1. Devono essere da subito realizzate   delle profonde revisioni del sistema sanitario nazionale (ampliando il numero di letti e di unità ospedaliere, adeguando il numero e la qualità dei medici e del personale infermieristico e tecnico, colmando le disparità  tra le regioni e coprendo l’intero territorio)
  2. Si devono almeno recuperare i fondi sottratti al SSN negli ultimi dieci anni (stimati in 37 miliardi), anche rinegoziando senza condizionalità e oneri eccessivi le misure di intervento  decise  in ambito europeo
  3. Deve essere subito avviate la riorganizzazione e aumentate le competenze dei medici di base e deve essere  quindi subito creata la medicina territoriale (ad esempio secondo le indicazioni di recente formulate dal prof. V. Agnoletto)
  4. Deve essere creato un Centro o Istituto  di ricerche e studi sui virus, dotato  di scienziati, medici e ricercatori altamente specializzati, che abbia i fondi occorrenti anche per elaborare previsioni e stime relative alle future e probabili epidemie, che scambi informazioni e risultati con gli analoghi centri internazionali e l’OMS,  che sia autorevole  e  possa influire sulle strategie e le azioni del governo e regionali, in particolare in materia di pandemie, nonché  sulle imprese essenziali per la produzione di vaccini, medicinali specifici, strumenti e apparati di sicurezza, per garantire anticipatamente le necessarie dotazioni.
  5. Costituire le riserve di strutture, attrezzature e materiali necessari per affrontare le probabili emergenze del futuro e per assistere altri paesi colpiti da pandemie. Gli spazi necessari, come quelli  in questi giorni requisiti per offrire una assistenza medica specialistica, devono essere individuati in anticipo e resi disponibili senza preavviso per le emergenze previste.
  6. Parte delle risorse che costituiranno le riserve potranno anche essere utilizzate per interventi rapidi in altri paesi colpiti da epidemie.
  7. Devono essere individuate in anticipo le imprese in grado di fornire con le qualità e le quantità necessari  materiali e strumenti sanitari durante le crisi e dovrebbe essere possibile coordinare anche il settore privato per l’accoglienza e la cura.
  8. Devono essere emanate subito le norme dirette a stimolare e controllare la produzione di vaccini e altre ricerche e produzioni utili a superare le crisi da pandemia, con particolare riguardo alle strategie di distribuzione e ai prezzi praticati, risolvendo le questioni relative  ai brevetti e alla proprietà intellettuale  e promuovendo la ricerca alternativa.
  9. La strategia delle risorse accumulate preventivamente deve essere subito adottata anche nelle aree a rischio sismico in Italia: aree predisposte per insediamenti di emergenza, case prefabbricate da montare in poche ore,rolex replica collegamenti tra i nuovi insediamenti, geologi presenti in ogni Comune per avviare la ricostruzione, ecc.

Prevenire è meglio che curare

Le misure più urgenti dirette a ridurre la moltiplicazione di virus patogeni e il passaggio alla specie umana e la diffusione dei contagi:

  • Avviare un programma intensivo di riforestazione in tutto il territorio nazionale e contribuire ai programmi internazionali specie nei paesi a maggior rischio
  • Ridurre drasticamente il particolato atmosferico (PM10 e PM 2,5) nei principali centri urbani
  • Ridurre rapidamente tutti gli inquinamenti che danneggiano la respirazione umana almeno nelle 44 zone di massimo inquinamento
  • Modificare tutte le strutture che si possono più facilmente trasformare in focolai di contagi (carceri, caserme, centri anziani, conventi, ecc.)
  • Ridurre al massimo, con interventi sulle loro condizioni di vita, le fasce di popolazione, locale e immigrata, che vivono in condizioni di povertà estrema, le cui situazioni inaccettabili sono state aggravate dall’epidemia:  a) senza casa , persone che detengono abitazioni abusive, persone ospitate nelle occupazioni, campi dei rom e dei sinti, abitazioni fatiscenti e che non rispettano le condizioni minime di abitabilità;         b) aventi diritto di asilo non collocati, immigrati in attesa del riconoscimento del diritto di asilo, immigrati occupati in lavori stagionali o casuali, immigrati illegali, immigrate costrette alla prostituzione.
  • Disabili e invalidi privi di assistenza  continua  nei rispettivi domicili
  • Interventi urgenti per la decementificazione dei corsi d’acqua  a percorso urbano
  • Eliminazione della plastica per usi alimentari e avvio di programmi obbligatori di riciclo, in particolare per le plastiche abbandonate nell’ambiente
  • Promozione dell’uso della bicicletta nei centri urbani, in particolare attraverso la creazione di zone centrali riservate e di piste ciclabili in condizioni di sicurezza
  • Revisione delle norme internazionali e nazionali che permettono l’esistenza dei paradisi fiscali, con particolare riguardo ai paesi facenti parte dell’Unione Europea
  • Introdurre  una tassazione più incisiva sui redditi e sui patrimoni più ricchi, i cui proventi siano utilizzati per attività antivirus e ambientali
  • Gli aiuti alle imprese devono essere accompagnati da una verifica delle misure ecologiche da esse adottate o in programma , concedendo eventuali agevolazioni o forme di incentivo, condizionati a pratiche di riconversione e di tutela dei posti di lavoro
Foto di Riccardo Troisi

Come rafforzare il tessuto sociale ed ecologico per una maggiore resilienza

  • Chiusura immediata degli impianti a carbone, evitando ipotesi di trasformazione a gas
  • Eliminazione dei sussidi alla estrazione e alla utilizzazione di petrolio e gas, e di prodotti derivati dal petrolio e dal gas, in quanto sussidi ambientalmente dannosi
  • Riduzione delle emissioni climalteranti da realizzare con urgenza e molto in anticipo rispetto alle scadenze internazionali finora approvate da Onu e UE.
  • Approvazione immediata di un piano di interventi straordinari per  la bonifica  delle 44 zone d’Italia maggiormente inquinate e la individuazione delle maggiori fonti di inquinamento sia industriale che urbano
  • Aumentare su larga scala la produzione e l’uso dell’energia proveniente da fonti rinnovabili, in particolare  quella prodotta da cooperative energetiche e distribuita con piani locali di installazione attenti al paesaggio e adottati con processi partecipativi.
  • Utilizzo di edifici di proprietà pubblica o degli enti locali, inutilizzati o abbandonati. per ospitare centri di animazione e culturali nelle zone urbane più deprivate e per moltiplicare le Case delle Donne e i centri antiviolenza
  • Approvare la richiesta di moratoria per ricerche e trivellazioni per l’estrazione  di petrolio e gas
  • L’esclusione dai finanziamenti pubblici di grandi opere inutili o dannose per l’ambiente, dirottando i fondi così risparmiati su programmi di di riconversione e e rilocalizzazione degli approvvigionamenti essenziali
  • Iniziative per la preservazione e la valorizzazione di semi e varietà antiche e tradizionali
  • Emanazione di norme che obblighino gli enti locali a favorire i rapporti diretti tra produttori agricoli e i consumatori, con particolare riguardo alle coltivazioni biologiche e con metodi alternativi e ai Gruppi di Acquisto Solidali
  • Campagne Rifiuti Zero, in particolare  in tutte le zone urbane dove la raccolta risulta meno efficace e costituisce una minaccia per la salute
  • Iniziative volte favorire il riuso e il riciclo di componenti e materiali di largo consumo
  • Iniziative dirette a ridurre le emissioni dannose delle abitazioni e a favorire invece  l’uso di energie rinnovabili
  • Adozione di misure volte al reinserimento di lavoratori eventualmente  espulsi da operazioni di riconversione e di riduzione dell’orario di lavoro.

Ogni esperienza che si ispira a logiche economiche alternative a quelle dominanti e ogni rete o collegamento di gruppi di base che persegue scopi ben diversi da quelli di mercato e di tipo capitalistico  si può  riconoscere nella visione e nella strategia  del riconoscimento dei Beni Comuni, da tempo teorizzate e in qualche luogo già operative. Significa attribuire un particolare valore  alle iniziative che si possono prendere a livello anche di piccole comunità  per riconoscere i beni, naturali ed artistici ai quali le popolazioni locali tengono in modo particolare e intendono quindi salvaguardare e valorizzare. 

Possono essere spazi particolarmente belli e rari del paesaggio e del territorio circostanti, boschi e coltivazioni tradizionali, corsi d’acqua e zone umide, chiese e monasteri, castelli e dimore nobiliari,  musei di opere d’arte ma anche di tradizioni popolari, luoghi che ricordano eventi storici e abitazioni di personaggi famosi, ma quello che importa sottolineare è l’interesse che rivestono agli occhi degli abitanti di ogni territorio . Sono essi infatti che devono maturare la coscienza della responsabilità che ognuno di questi luoghi richiede e che quindi devono organizzarsi per adottare o far adottare da enti competenti le misure di salvaguardia , di conservazione , di fruizione e di valorizzazione.

Si tratta quindi di moltiplicare le esperienze già in atto in base a questa visione (le attività in corso a Napoli sono solo uno dei tanti esempi da imitare ), di fare una “mappatura” dei siti da prendere in considerazione, di avviare delle analisi più approfondite per ogni luogo riconosciuto (prima con attività del gruppo promotore, poi chiamando anche esperti esterni a collaborare). Iniziative di questo tipo possono essere avviate fin da subito da persone attive bloccate in casa dalla quarantene che hanno quindi il tempo di scrive prime liste di beni e raccoglier primi dati per descriverli.

In questa prospettiva di più largo respiro  tutte le molteplici  esperienze di solidarietà e di reciproca assistenza che hanno caratterizzato i mesi della crisi pandemica non saranno riassorbite dalle logiche del mercato e dalle misure  per il rilancio soltanto economico e diventeranno invece un fattore di miglioramento qualitativo della vita di tutte le comunità.

Vi è poi un secondo livello  di attività da sviluppare nelle comunità territoriali (uno o più territori degli enti locali, mentre per le città maggiori si deve far riferimento a quartieri o rioni, o addirittura  a entità ancora più piccole). Ogni comunità (da 30 a cento famiglie) dovrebbe aumentare gli acquisti diretti dai contadini della zona, modificare in modo  sempre più corretto in termini ambientali  il cibo e gli acquisti di vestiario e altro, usare mezzi di trasporto non inquinanti e così via,  aumentare le relazioni interne ed esterne alla comunità secondo modalità solidali.

Ad esempio, una idea proveniente dalla Cina potrebbe aiutare le nostre attività a fare i passi necessari. Di recente hanno creato la figura del Guardiano delle Acque , più di un milione e trecentomila persone nominate responsabili di un tratto di fiume, incarico gratuito ma con ampi poteri di denuncia e intervento.  Significa che nessuna situazione o rischio viene trascurata, nessuna popolazione viene lasciata in balia delle forze della natura o degli errori umani. Una stessa responsabilità potrebbe studiarsi per la salvaguardia dei boschi o per i territori da rimboschire, oppure per situazioni di particolare rischio idrogeologico. 

Innovazioni di questo tipo,  che si svolgono già in molti territori italiani, dovrebbero poi essere accompagnate  da un allargamento della visione  d’insieme (prima nei territori vicini e poi a distanze maggiori –non soltanto in termini di chilometri -) e da una più intensa partecipazione, prima di conoscenza e poi di interventi puntuali sempre più numerosi.

Quindi il dibattito interno ad ogni comunità dovrebbe progressivamente arricchirsi di queste conoscenze ed esperienze. Si dovrebbe in sostanza evitare che le attività  nel singolo territorio diventino troppo assorbenti per le persone impegnate che invece dovrebbero progressivamente  arricchirsi con esperienze di portata maggiore. La mancanza di questo allargamento di visione è sempre stata la causa profonda della scarsa capacità di collegarsi con altre esperienze simili e di incidere sui meccanismi economici più generali.

Un terzo livello delle attività da svolgere in ogni territorio marcato da una comunità attiva riguarda la creazione di organismi intermedi e la partecipazione ad essi come rappresentanti di gruppi di comunità. Al momento le esperienze dei processi di creazione  e funzionamento di tali organismi sono molto poche.

Quindi quanto segue è solo un primo tentativo di delineare dei probabili organismi e di ipotizzare dei loro possibili modi di funzionamento , anche perché le soluzioni reali saranno con molte probabilità fortemente influenzate dalle caratteristiche dei comparti di attività  ai quali dovranno sovraintendere. Un organismo di primo grado sarà formato da “piattaforme”, quasi sicuramente informatiche, che agevoleranno gli scambi di prodotti e di servizi.

Un organismo di secondo grado avrà una dimensione territoriale, cioè riguarderà un insieme di comunità che insistono su un determinato territorio o parti del territorio di città di maggiori dimensioni. Si occuperà di risolvere questioni riguardanti due o più comunità e dei rapporti di quel territorio con l’associazione degli enti locali, la Regione o gli organismi pubblici nazionali.  Un terzo grado, infine,  sarebbe costituito da sedi di incontro e scambio di esperienze interregionali oppure tra regioni di paesi diverse che affrontano problemi simili.

Considerazioni finali Questo testo vuole essere una specie di appello rivolto alle multiformi realtà che in questa fase  stanno già lavorando su questi obiettivi o che hanno già indicato degli obiettivi analoghi per l’immediato futuro, affinché uniscano al più presto i loro sforzi fino a raggiungere la massa critica sufficiente per ottenere dallo Stato o dalle Regioni interventi che in tempi non infiniti vadano in queste direzioni.

Non deve essere firmato o accettato in tutto o in parte, ma è uno strumento da utilizzare come base di dibattito. In altre parole, può essere considerato  come un embrione di piano di lavoro comune, basato su una adesione volontaria a forme più intense di collaborazione, partecipazione e condivisione, ma soprattutto come una base di riferimento per il salto di qualità dei molti organismi da tanto tempo impegnati perché possano finalmente incidere su una situazione da tempo molto grave e che costa un numero di vite umane ormai inaccettabile.

Alberto Castagnola e Riccardo Troisi per Reorient Onlus